SALA D'ATTORRE DI CASA MELANDRI
RAVENNA, VIA PONTE MARINO 2
XXXIX ciclo annuale 2012-2013
Appuntamenti del secondo bimestre
(Ingresso Libero)
Venerdì 31 Maggio 2013 ore 18.00
LA LOTTA PER LA VITA DEL FAMOSO ARTISTA BORDERLINE
ANTONIO LIGABUE La follia del genio
A cura di Mario Alessandro Fiori (Direttore Centro Studi e Archivio A.Ligabue - Parma)
Quello che si presenta in questa occasione a Sala D’Attorre non è, come di consueto, una pubblicazione, bensì un ampio e composito spaccato su una delle figure più significative della storia dell’arte italiana del novecento.“Antonio Ligabue. La follia del genio” è infatti – come la definisce il suo curatore, Mario Alessandro Fiori, direttore del Centro Studi e Archivio "Antonio Ligabue" di Parma presieduto da Augusto Agosta Tota – «una mostra immaginaria hic et nunc, in cui, tramite uno slide show di oltre novanta immagini, si illustreranno i tre macro-temi del grande artista di natali svizzeri, quello agreste, gli autoritratti e gli animali, in particolare i grandi felini». “Antonio Ligabue. La follia del genio” condurrà dunque il pubblico in un excursus su tutte le diverse anime dell’artista: i suoi celebri oli, i disegni, le incisioni, fino alle sculture realizzate dall’originale in argilla del suo amato Po che l’artista masticava a lungo per renderla duttile.Ligabue (1899 – 1965) è certamente uno dei protagonisti dell’arte del XX secolo, un grande espressionista, al pari di Van Gogh e Munch. Il talento e le tensioni, infatti, sono quelli di un maestro sicuro e ben si colgono dalla potenza visionaria, dalla stesura pittorica e dai rimandi continui – come contrappunti – nello sviluppo della sua opera. Dal primitivismo incerto della prima fase, più ingenua e conclusasi con gli anni Trenta, all’esplosione espressionista dal colore violento e dalla pennellata convulsa. Una vita vissuta come conflitto che non lascia tregua, un’esistenza trascorsa fuori e dentro il manicomio, dove l’arte era puro e semplice mestiere di vivere e andava a coincidere con la vita stessa, in un mondo a lui sempre ostile. Una vita passata a contatto con l’universo animale che amava tanto, che ritraeva con studio anatomico rigoroso, imitando i versi delle bestie mentre le dipingeva con colori frenetici, in una visionaria ricerca identitaria. Dagli animali domestici del primo periodo, alle tigri dalle fauci spalancate, i leoni mostruosi, i serpenti, i rapaci che ghermiscono la preda o lottano per la sopravvivenza: una vera e propria giungla che l’artista immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po (dal 1919 si era trasferito a Gualtieri, paese della Bassa reggiana). E poi gli autoritratti, in cui Ligabue dipinge il proprio dolore esistenziale, gridandolo con l’urgenza di una sensibilità intensa e ferina; è il tormento di un’anima che grazie alla pittura trova la propria voce e il proprio riscatto.